mercoledì 26 settembre 2018

La sottile, immaginaria linea della normalità..

Nella vita c'è a volte chi apre nuove vie, nuove possibilità..uscendo dal “si è sempre fatto così” e cercando nuovi sentieri nelle giungle dell'ignoto..

Oggi vi scrivo per raccontarvi della meravigliosa esperienza che ho vissuto qualche settimana fa a Sondrio allo stupendo rifugio Zoia, dove ho conosciuto un gruppo di “disabili” e i loro educatori, dell'associazione “Progetto La Fonte” di Firenze. Una realtà che davvero sta frantumando molti stereotipi e schemi nel rapporto con la disabilità.
Al rifugio c'ero già stato e stavo già pensando di tornarci. Qualche tempo prima di partire, Lele il proprietario, mi faceva sapere che fino al 29 Agosto ci sarebbe stata questa associazione e che, ne era certo, mi sarebbero piaciuti un sacco.
Lunedì arrivavo per cena, ma li avrei conosciuti solo l'indomani. Il giorno dopo infatti, su richiesta di Lele, avrei servito io la cena al gruppone.
Già guardandoli da lontano, qualcosa mi aveva catturato e stupito.. l'atmosfera che si respirava era di un gruppo di amici, una comitiva di 22 persone che si conosce da tempo.
I ragazzi in questione vengono, secondo i canoni della cosiddetta “normalità”, considerati disabili. Ora, per necessità linguistiche e per capirci, dobbiamo definire e appioppare etichette, ed è comprensibile. Quello secondo me inaccettabile è darle per scontate, lasciare che se ne stiano li a rappresentare al 100% la realtà, una realtà fatta di infinite sfaccettature ma che vengono sistematicamente piallate e annullate da quelle etichette.

Alla cena di martedì dunque ero pronto per servirli per poi fermarmi a cenare con loro.
Il trucco per entrare in sintonia è solo quello di buttarsi, di accettare il gioco e partecipare senza giudicare, in semplice compagnia. Dopo qualche ora con loro, la mia gioia era incontenibile, una gioia che nasceva dalla sensazione di libertà dalle maschere, dalle etichette e dai giudizi. E' in questo modo, frantumando questi muri, che andiamo all'essenza è cioè: la partecipazione.

Lo scopo di noi tutti in questa vita è quello di fare del nostro meglio, di sublimare le nostre paure e limiti nel fuoco delle nostre capacità, nella fornace delle nostre qualità qualunque esse siano, per produrre un liquido vitale più denso e rendere l'universo fecondo di possibilità.
Questo è ciò che gli educatori dell'associazione “La Fonte” fanno con i ragazzi, credendo in loro e mettendoli nelle giuste condizioni di valorizzarsi e diventare partecipi della propria vita.
Credere in loro anche quando purtroppo sarebbe comune arrendersi lasciandoli nel loro ristretto campo di azione.
Molti di questi ragazzi sono cresciuti nelle strutture dell'associazione, proprio come una vera famiglia della quale fanno parte in maniera integrante. Nessun servizio di circostanza dunque da parte degli educatori, o di sufficienza, giusto per dare il minimo di dignità.
Ma cosa significa dare dignità? Nella maggior parte dei casi significa vestire la disabilità di una maschera accettabile e dove gli aspetti più scomodi siano ordinatamente nascosti. Significa in pratica, prendersi cura del corpo e poco più, accettando passivamente i limiti.
Dare dignità invece, secondo me è dare valore alla persona dando le stesse possibilità che tutti hanno, creando partecipazione e inclusione. Significa che ognuno, in qualunque condizione, stato e salute possa portare il suo contributo umano al percorso della vita, in maniera diretta o indiretta. Sta a noi saperci aprire alle lezioni che queste persone possono darci e farle fruttare al massimo.

Di educatori ne ho conosciuto vari nella mia vita, ma qui la grande differenza è che loro in primis non sentono la netta separazione tra educatore e utente.. quel sottile ma invalicabile muro che separa “colui che ha bisogno” da “colui che aiuta e che quindi NON ha bisogno”. Un muro che in realtà ha dei confini molto labili.
Confini che non possono rappresentante le infinite sfumature dell'essere umano, e quindi tanto meno valorizzarle.
Non mi è mai andata giù quell'appiccicosa pietà travestita da compassione che la gente esprime di fronte ad un disabile. Tra i due, ho sempre provato pietà per il “normale” di turno che compativa il secondo, per non saper vedere oltre il proprio naso, andando inoltre a ricalcare l'etichetta sulla quale viene crocifissa la persona definita “disabile”.

Passando del tempo con gli educatori si ascoltano decine di storie e aneddoti divertenti sui ragazzi.
Mentre li ascolto mi si dipingono in mente i tratti di superori comici, personaggi buffi che divertono con le loro avventure leggere e scanzonate.
Certamente il fatto di essere toscani li rende irresistibilmente simpatici, capaci di scherzare su tutto anche sul peggiore dei mali, ma sempre con quella deliziosa partecipazione che rende tutto condiviso.
Un gruppo di amici che per stima e affetto si raccontano aneddoti divertenti e dissacranti. Dissacranti perchè abbiamo bisogno di ironia, di dissacrare appunto, perchè dal “sacro” al tabù il passo è davvero breve e spesso automatico.
Dissacrare però non significa ridere-di, ma ridere-con cioè assieme all'interessato, ridere con lui della vita, ridere di gioia perchè vale sempre la pena esserci, se attorno si hanno fratelli e sorelle disposti a ridere con te. E' farsi beffa dei cosiddetti problemi della vita, trovandone il lato comico e ridendone assieme.

Ma perchè questa associazione spende migliaia di euro per portare in montagna dei ragazzi dove, tra limiti fisici e cognitivi ci si potrebbe chiedere quanto possano fruire dell'esperienza? Perchè è un diritto di tutti poter stare al cospetto della bellezza, punto. E' un diritto di tutti avere qualcuno che crede in noi e non si arrende anche quando pare impossibile farcela.

Mercoledì il gruppo si sarebbe diviso in due, quelli che facevano dei giochi e quelli che sarebbero andati a camminare. Io mi aggregavo al secondo.
Nel giorno della camminata si raggiungeva un bel laghetto in quota e li ci si riposava un oretta distesi sul prato. Di fronte a me c'era S. un ragazzo con forti limiti cognitivi e che vive in un mondo tutto suo. Lo guardavo li di fronte a me, disteso sul prato, a fissare l'imponente montagna che si rifletteva in una cristallina immagine sul lago e mi pareva che il silenzio suo e quello della montagna diventassero una cosa sola. Mi sembrava che lui, a differenza di me, sapesse davvero connettersi con il grande Silenzio della Natura, e che io con tutte le mie capacità cognitive fossi invece perso nei miei dialoghi interiori, che però troppo spesso mi separano dalla bellezza che non parla, che non ha concetti. 

lunedì 20 agosto 2018

Abbandonarsi alla fecondità dell Ignoto..


Salve a tutti bella gente!!

Scusate se scrivo poco ultimamente ma mi piace scrivere solo quando ho veramente qualcosa da comunicare, e quasi sempre dev'essere qualcosa di personale e vissuto in prima persona..
Oggi scrivo per raccontarvi meglio, prima che sia troppo tardi, l'esperienza della settimana scorsa in occasione del mio giro a Sondrio, nella Val Malenco a trovare una persona cara che lavora in un rifugio e che qui chiamerò I.
Ci tengo a raccontarlo bene perchè per me ha avuto un forte valore umano di supporto e fiducia, e tale esperienza non fa che alimentare la mia convinzione che anche qui, nel nostro paese, la realtà dipende molto da come ci si pone e da come sintonizziamo la nostra radio interiore.
Questo giro nella Val Malenco lo pianificavo già dai primissimi giorni appena dopo il mio rientro dall'Africa, ma per via di molti impegni e incontri dopo cinque mesi di viaggio, l'avevo dovuto rimandare più volte.
Finalmente però, nei primi giorni della settimana scorsa riuscivo ad organizzarmi, e un pò al volo mi fiondavo in stazione dei treni all'ora di pranzo per il primo treno che, con 4 cambi mi avrebbe portato a Sondrio in 6 ore.
Arrivo in stazione, faccio il biglietto e volo al binario. La giornata è stupenda, e già sento quella sensazione di libertà, di avventura che inizia a pervadermi e ad attivare il mio spirito.
Entro nel vagone e mi siedo, e vicino a me si siede un ragazzo Senegale vestito dei suoi abiti tipici col quale faccio amicizia e pratica del mio Francese arrugginito. Mi stupisce la sua calma, la sua serenità..e curioso gli chiedo da quanto è in Italia. Mi dice che è qui da solo due mesi, e che prima è stato due anni in Spagna. Gli chiedo che ne pensa dell'Italia e dice che è molto contento, perchè è un paese stupendo, ma soprattutto perchè gli Italiani sono persone adorabili e calorose e con lui sono molto disponibili.
Rimango spiazzato, aspettandomi una risposta opposta alla sua vista la situazione con gli immigrati.
Continuamo a chiacchierare finchè ci accorgiamo entrambi di non aver timbrato il biglietto. Memore delle regole e di multe già prese in passato, già mi immagino qualche sanzione, e quando la controllora passa le accenno il problema. Lei come fosse la cosa più normale del mondo mi dice di non preoccuparmi che ci pensa lei e un istante dopo li firma entrambi. Inoltre guardando gli orari e le coincidenze ci da pure dei consigli sui prossimi treni. Rimango allibito, mi sarei aspettato una certa intransigenza, come ero abituato a trovare, ma trovo invece flessibilità e comprensione.
Che sia solo una coincidenza? Una botta di fortuna? O che abbia a che fare con la sintonia sulla quale è la mia antenna? Non ha davvero importanza.. resto in quello stato di leggerezza e penso all'itinerario di viaggio. Il treno deve ancora iniziare a muoversi quando ricevo un messaggio da I. Che, tutta preoccupata, mi dice che l'ultimo bus da Sondrio per la Val Malenco è alle 18.20..mentre il mio treno arriverebbe a Sondrio due ore dopo. Come percorrere dunque quei 33km da Sondrio al rifugio senza mezzi pubblici? Penso al da farsi.. il treno più veloce, il frecciarossa, ci metterebbe un ora in meno, ma arriverebbe comunque a Sondrio alle 19 quindi troppo tardi. Per un istante penso anche a scendere dal treno, chiedere un rimborso e rimandare il tutto ad un altro giorno. Poi però vince quella leggerezza, quella lieve brezza che già mi teneva come sospeso, fresco e pronto a partire. Nella fertile incertezza del “come fare” il mio spirito trova il varco giusto per espandersi. La benzina, lo spruzzo d'avventura, va a contatto con quella fiamma pilota sempre accesa, sempre pronta a reagire e a incendiare l'animo. Una vampata ed eccola quella vitalità incondizionata,
quell'onda, la mia onda di entusiasmo che arriva, forte, spumeggiante e mi solleva e so che mi porterà lontano.
Mentre mi godo questa energia, questa estasi di vitalità, mi trovo a ridere sotto I baffi dell'imprevisto che mi si presenta davanti, ora che la mia onda è troppo grande e forte anche solo per prenderlo in considerazione. Anzi, è proprio quell'imprevisto ad averla generata, e al solo pensiero l'onda sbuffa e schiuma in attesa di poterlo inghiottire..
Inizio il viaggio con questa forza ma anche calma interiore e mi metto comodo ascoltando della musica mentre sto attento ai tanti cambi.
All'ultimo mi trovo nella tratta più lunga, due ore da Milano a Sondrio attraversando il lago di como e I suoi meravigliosi paesaggi. Non ero mai passato da queste parti e mi stupisce la bellezza delle zone. Un cielo azzurro e un sole stupendo che crea giochi di luce sull'acqua del lago luccicante, e in questo quadro I tanti paesini arroccati lungo le sponde del lago vengono avvolti da una luce calda che li fa risaltare ancor di più. Con la scusa del panorama attacco bottone con una signora di mezza età che era seduta nella fila di posti alla mia destra. Parliamo del paesaggio, della bellezza di tanti posti del nostro paese e da li si arriva a parlare di viaggi, vita, esperienze. Ci presentiamo e quando mi dice di chiamarsi “Nica” resto di stucco, si chiama come una mia carissima amica Slovena conosciuta nel primo viaggio in Africa, e questa è la seconda volta in assoluto che sento questo nome. Mi diverte l'idea di prenderlo come un buon segno..
Le racconto delle mie avventure Africane e aggiungo che pure qui, ora, è per me un avventura perchè dovrò trovare il modo di raggiungere la Val Malenco senza trasporti pubblici. Ne parliamo e le dico che proverò a fare autostop, e che se sento che qualcosa succederà.
Siamo quasi a Sondrio ed è quasi ora di salutarci. Nica sembra diventare pensierosa e mi confessa che è preoccupata per me e che non immagina come potrò raggiungere la mia destinazione percorrendo quei 33km solo basandomi su un passaggio di fortuna. Le ripeto di non preoccuparsi perchè sono abituato a queste situazioni di incertezza e che ci sguazzo bene.. lei però insiste e mi da il suo numero, giusto in caso non riuscissi proprio a trovare un passaggio. La ringrazio e mi avvio attraverso la piazza di Sondrio. Attraverso la città ed entro in un bar a comprare dell'acqua prima di uscire dal centro. La ragazza alla cassa ha la carnagione scura e divento curioso di sapere che origini ha. Mi dice di essere Dominicana, al che parto a parlare in Spagnolo e mi presento. Le porgo la mano e dico “Alessandro, piacere!” e lei subito risponde “Alessandra, piacere!”...ridiamo entrambi di gusto, e anche questo mi pare un altro buon segno.
Saluto ancora ridendo, esco e vado verso la statale ancora più sicuro delle mie sensazioni. La strada inizia a salire fino al bivio che a destra sale verso la Val Malenco. La mia onda è li, mi sento come trasportato, senza fatica e pensieri..non mi importa del risultato, fino a che quell'entusiasmo è con me. Cammino veloce in salita, mentre col dito distrattamente informo le macchine di passaggio che avrei bisogno di uno strappo. Mi fermo per fare una foto del paesaggio all'imbrunire, e subito dopo rimetto fuori il dito per una macchina che sta arrivando. Mi fa I fari..rallenta e accosta..guardo dentro e vedo che è !!! E' venuta su senza neppure chiamarmi, sperando di trovarmi lungo la statale!! Incredibile, sapevo che qualcosa sarebbe successo!! La ringrazio un milione di volte e le dico di lasciarmi pure dove anche il bus mi avrebbe lasciato e cioè a “Franscia” alla base della montagna a 7km dal rifugio. Da Frascia la strada, sulla mappa, risulta più piccolina e non voglio farla arrivare fin su col buio, dovendo farsi 14km di tornanti 7 dei quali In discesa da sola al buio. Lei mi dice che pur non promettendomi nulla, vedrà man mano com'è la strada e se riesce mi porterà fin su. Insisto, ma non vuole sentire storie. Ormai è buio e chiacchierando andiamo su lungo una statale semideserta. Mi dice quasi con stupore che oggi mai avrebbe immaginato di esser qui salendo verso le montagne, e percepisco una note di entusiasmo nella sua voce. Arrivati al bivio per salire al rifugio, la strada pare buona e non troppo piccola. Lei decide di provare e dopo altri 7 km arriviamo al piazzale sopra il qual troneggia il rifugio. Ci salutiamo, io non so davvero come ringraziarla. Mi viene naturale chiederle di scrivermi quando arriva a casa sana e salva. Lei esclama sorpresa che non se lo sarebbe mai aspettato da me, essendo una cosa che di solito fanno I fratelli, I genitori. Ecco, è questo di cui abbiamo bisogno, di rompere questi schemi, questi muri che ci dividono e limitano la libertà.
Le sorrido e le ripeto che aspetto il suo messaggio. Ci salutiamo e io prendo il sentierino che in cinque minuti porta al rifugio al quale si può arrivare solo a piedi. Mentre sto salendo penso ai tanti muri che oggi, Nica ed io abbiamo abbattuto e della fiducia e affetto che ci siamo dimostrati, noi, due perfetti sconosciuti.
Mi accolgono I. e i suoi colleghi. Mi racconta che tutti erano preoccupati per me, ma anche che lei diceva loro “tranquilli, Ale in qualche modo ce la farà, qualcosa se lo inventerà”..
Racconto la storia della signora Nica e restano tutti stupiti per la sua gentilezza, per la sua fiducia ad un estraneo. Io invece non mi stupisco più, ma godo del calore che c'è nel mondo e delle possibilità che arrivano dal vuoto fecondo. Ripenso allo stupore di Nica di essere su per le montagne con uno che solo uno prima non conosceva, e penso che noi esseri umani abbiamo bisogno si di amore, di calore.. ma anche di avventura, di ignoto.. e penso anche che se l'affetto e l'amore ci fanno stare bene, sono l'avventura e l'ignoto a farci sentire vivi.

giovedì 14 giugno 2018

Meritato riposo..

Finalmente al caldo e comfort della mia tendina "piantata" sul pavimento a piastrella dell'area comune di un lodge..



Oggi record con 154km!!!




Giornata impegnativa anche perchè ho forato lungo il percorso e ho ri-forato giusto appena arrivato qui a Palaye. Mi metto nel parcheggio di un centro commerciale a sistemare la fortatura, ma appena finito scopro che anche la valvola si è rotta..nel frattempo mentre riparo si alternano ad "aiutarmi" i ragazzi che lavorano alla stazione di servizio..



Finalmente mi muovo verso un lodge a caso sprando di trovare un prezzo decente visto che qui dormire costa decisamente più che in Europa. I vari lodge sono tutti all'interno di un labirinto di stradine tutte a fondo sabbioso, al che mi impianto qualche migliaio di volte, tiro giù santi vari che pure loro si chiedono perchè diamine avere strade, non dico sterrate, ma sabbiose!!!??
Dopo due lode tutti pieni, trovo per fortuna un portiere notturno che mi permette di metter la tenda qui a gratis!! Alla fine non è andata male direi...certo però..Che giornatina!!!

mercoledì 13 giugno 2018

Metti la tua anima sulla bicicletta..

E' una mattina come tante, lo zaino fatto..la bici pronta a mordere l'asfalto.
Una mattina pronto a partire, a rimettere in moto questo motore, a generare questo mondo. L'impressione è spesso questa, e cioè che sia il mio pedalare attraverso i paesi, i paesaggi, le genti, a renderli reali. Come se la bici fosse la penna di un artista che disegna la realtà, o come se le ruote della mia bici fossero la puntina di un giradischi che, scorrendo lungo i solchi di popoli e paesi, generasse questa sinfonia di colori e bellezza.
Una mattina come tante da 4 mesi a questa parte. Stessa routine, ma luoghi sempre diversi, così sradicato dalla posizione geografica che la vera casa diventa la strada stessa, il movimento e il cambiamento.

Prima di mettermi in movimento e accendere questa realtà, vi lascio con queste parole di Aldo Rock, non perchè creda che le mie non siano sufficenti, ma perchè anche lui vive sulla pelle questa magia del creare, del vivere queste esperienze straordinarie nel mondo ordinario.

"..Metti la tua anima sulla bicicletta e pedala!! I luoghi che incontri ti apparterranno per sempre..perchè in un lungo viaggio la bicicletta è il paesaggio che incontri, lo strappi a te stesso, gli dai la tua forma, lo ami così tanto da ricrearlo a tua immagine e somiglianza..ruvido, elegante, pericoloso. Pedala per evolvere la tua anima..e gli amici che incontri, sarannno amici pper sempre.."

Do uno sguardo alla mappa..faccio l'occhiolino alla mia bici..e parto..


mercoledì 6 giugno 2018

Cioè che davvero importa..


29 Maggio 2018, Lusaka - Zambia

Finalmente in treno, ora in viaggio da circa tre ore!! Direzione Livingstone!!




Lasciare Lusaka è un mix di emozioni, davvero.
Guardo attraverso le finestre della mia cuccetta e rivedo la mia Africa nelle campagne dorate dalla luce del tramonto. Dopo 23 notti passate all'ostello sento il bisogno di riconnettermi con la semplicità e la forza dell'Africa semplice, ruspante, vera. Quella forza che ti entra come un pugno, ma che non ha i veli e i manierismi di una grande capitale internazione, seppure sempre Africana.

Questo periodo è stato davvero intenso. Di certo non banale.
Non l'avevo scritto per non creare inutili preoccupazioni e anche perchè sapevo essere una stupidaggine e solo questione di tempo, ma dopo la malaria appena credevo di essere del tutto guarito avevo avuto una ricaduta.
Tornava la febbre e il malessere e il pensiero andava subito alla malaria. Tuttavia tornando alla clinica mi confermavano che la malaria era del tutto sparita, in compenso a causarmi quel malessere era la bilarzia, una parassitosi che si prende nei laghi e nei fiumi. Niente paura, bastano 3 pastiglie da prendere nel giro di 36 ore, tuttavia la cosa mi ha allettato per altri quattro giorni prima di tornare davvero in forze. Di certo la combinazione di malaria più bilarzia non ha aiutato anche perchè erano due parassitosi in contemporanea.

Ora finalmente sto davvero bene, e vedo con grande ludicità quanto meravigliosa e stupefacente sia la salute. Uhm..ma un momento cos'è la salute? La salute è quando diamo per scontato il nostro corpo e la nostra psiche perchè non "si fannno sentire" e quando un organo o uno strumento funziona perfettamente e non si fa sentire appunto, non lo si nota. Diamo questa salute per scontata e ci carichiamo di stress da un lato, e strozziamo ogni possibile vitalità fisico/psichica/spirituale dall'altro. Tutto ciò in nome di una mente che ha preso il sopravvento e per la quale le cose importanti della vita vanno in senso diametralmente opposto da una qualsiasi ricerca della slaute sia fisica, che addiritura mentale. Auto-sabotaggio insomma. Chi più chi meno, ognuno a modo proprio, ma pure sempre auto-sabotaggio.
Mentre stavo male, vedevo chiaramente come quello stato gettasse un velo grigio, di tristezza e depressione nella mia mente. Tutto era difficile, non appetibile, la vita stessa appariva un fardello invece che un opportunità. Ho meditato. Disteso nel letto al caldo dirigevo la mia attenzione al corpo mandandogli presenza, consapevolezza, amore. In quei brevi istanti in cui trovavo una perfetta concentrazione, il disagio spariva, il velo si alzava e tornava la speranza, il senso del piacere. Tuttavia seppur durasse poco mi ha insegnato che il corpo ha una sua intelligenza e non è un freddo e stupido organismo meccanico.
Il primo giorno in cui, durante la malaria, iniziavo a star meglio, ho avuto un improvviso bagliore di benessere mentale, di speranza, era come aver visto la luce dopo giorni di buio.

Vi racconto questo per dire che davvero, dovremmo mettere la nostra salute fisico/mentale al primo posto in assoluto. Dove potremo mai andare con una macchina logora e che può lasciarti a piedi da un momento all'altro??

Ripassate mentalmente i momenti della vostra vita in cui siete stati malati, come stavate, cosa provavate e pensavate. E non parlo di acciacchi vari e assortiti, ma pesanti e acute condizioni fisiche che vi mettono a letto perdendo ogni appetito per la vita. Ecco ora tornate al momento presente, e godetevi la forza vitale che vi scorre dentro, celbratela e sentitevi fortunati, grati!!

lunedì 28 maggio 2018

Una vera e propria festa..

In questi giorni di stallo mi sento un pò quasi come fosse finito il viaggio e stessi ripensando alle mirabolanti esperienze vissute.
Me ne vengono in mente alcune di forti.
In particolare ripenso a quando ho avuto la fortuna di partecipare ad un funerale in Tanzania.
Li ho scoperto cosa fosse la vera ospitalità Africana, cosa volesse dire sentirsi incluso, accettato e trattato come uno di loro.


Dovete sapere che in Afrca i funerali non hanno nulla a che fare con le cerimonie di lutto che noi tutti conosciamo.
Qui è davvero facile passare a pochi metri da una tale cerimonia e pensare sia una qualche sorta di festa.
Musica a palla, decine e centinaia di persone e sorrisi, dialoghi, partecipazione.
Un giorno, mentre mangiavo un anguria al lato della strada vedevo sfrecciarmi accanto decine di moto taxi e camion strapieni di gente, che dalla statale erano tutti diretti verso un villaggio inerpicato sulla collina.
La mia incurabile curiosità mi spingeva a seguirli scoprendo che si trattava di un funerale. Arrivato al villaggio conoscevo una ragazza che mi avrebbe fatto da guida e interprete e finivo dunque per essere invitato, ponendo infine le mie condoglianze ad un giovane sposo che aveva perso la sua giovane moglie.
Scoprivo inoltre, che tutte quelle persone presenti non erano familiari o parenti di qualche grado, ma per la maggior parte non si conoscevano affatto.
Si perchè in Africa, quando vieni a sapere di un funerale, ti precipiti anche tu, proprio come ho fatto io ed è perfettamente normale.
Chiunque è il benvenuto, più si è meglio è, perchè la morte non va nascosta, ma esorcizzata con la comunità, con la musica, con la vita e celebrando la vita.
Portare le condoglianze allo sposo è stata un emozione intensa, una stretta di mano, un abbraccio infinito e fraterno, un istante a colmare quella distanza geografica e culturale fino ad annullarla.

Che senso ha in fondo il nostro definire ed emarginare, etichettare? Che senso ha stare appollaiati sotto l'ombra di una bandiera, nascosti da un sole la cui potenza illumina tutti indistintamente?
In quegli istanti mi sono sentito piccolo piccolo, mi sono sentito amato, accettato e fatto parte del loro mondo, del mondo di una cultura a me così distante e da persone teoricamente estranee ma in realtà così vicine, così famiglia.
Scoprivo poi che era la prima volta che un bianco si inoltrava così nelle loro quotidianità, e che partecipava ad una tale cerimonia. Scoprivo anche che per loro era stato un tale onore e che se lo sarebbero ricordati per un bel pò, come anch'io lo ricorderò e custodirò gelosamente.

venerdì 13 aprile 2018

Apri la mente e cambia l'aria..

TUTTA QUESTIONE DI FIDUCIA

Immaginate di essere in bici, state pedalando. Si è fatto buio e ora l'unica luce che vi mostra la strada è la vostra torcia frontale. Siete nel cuore dell'Africa in Malawi, su una statale che costeggia l'omonimo lago e siete in ritardo a causa di una foratura e un ostinato vento contrario per tutto il tragitto. Al buio, in bici, in un paese Africano che conosci ancora poco. Che cosa fai? Beh, non so cosa fareste voi, e forse non so neppure cosa sarebbe meglio fare..so solo quello che ho fatto io: Fidarsi e affidarsi!! Alla vita, all'universo...avere fiducia nelle persone e nel bene. Un pò come nella Storia Infinita nella prova delle sinfgi: se passavi con un cuore timoroso, impuro, venivi fulminato all'istante. Se invece avevi un cuore puro, aperto, passavi indenne.

E' in situazioni come questa che si può davvero mettere alla prova la propria fede, la propria fiducia. E' facile farlo quando tutto già va come dovrebbe o cmq è abbastanza statico da non subire scossoni. Il vero banco di prova è quando ci si trova fuori dalla propria zona di comfort. Quando parlo di fede non intendo in nessun modo una fede religiosa.

Nessun dogma è stato coinvolto, esaltato o malrattato nella produzione di questo pensiero. 

Ciò che intendo è una fede laica, una fiducia che sa delegare. D'altrone, questa è una cosa che facciamo tutti continuamente. Non è forse fede quella che abbiamo nei confronti del nostro cuore di continuare a battere? E non è fiducia, o fede quella verso qualunque altra funzione del nostro corpo? Nessuno si preoccupa che lo stomaco digerisca, che il cuore batta e i polmoni ti permettano di respirare. Ci affidiamo alla vita che scorre in noi, deleghiamo questi compiti fondamentali con un atto di fede.

Ciò non significa tuttavia essere distratti e impreparati, dare per scontato che tutto debba sempre andare per il verso giusto. Avere un cuore puro significa non ricamare una storia, bella o brutta che sia, sopra le situazioni e le persone.

Procedo al buio per alcuni infiniti chilometri fino ad un gruppetto di case dove chiedo a delle persone dove sia la prima guest house, e mi rispondono a Uliwa a meno di 3 km. E così è stato, sono arrivato indenne al villaggio, e il pericolo più grande che ho corso, reso modesto dalla torcia frontale, erano le buche nella strada dissestata, tutto il resto erano solo proiezioni della mente.

UNA LUNGA GIORNATA RESA SPECIALE DAL SUPPORTO DELLA GENTE INCONTRATA

Oggi quindi è stata proprio una giornata intensa. Tuttavia a caratterizzarla, al contrario dei timori, sono state le relazioni umane e il supporto che ho ricevuto dalla gente locale. Dapprima uno stupendo incontro e una bella allegria e connessione con delle signore che vendevano dei frutti detti graviola.

Vedo una bambina sola sotto un albero al lato della strada che vende cinque frutti su un piattino argentato poggiato su uno sgabello. Mi avvicino e arrivano correndo due donne e altri bambini. Un interazione fatta quasi solo di sguardi e risate perchè loro non parlano ne Inglese ne Swahili e io non parlo il Chichewa, la lingua principale in Malawi. Tuttavia c'è una connessione profonda, rispetto e un mutuo aiuto.

Piccoli gesti, come tirarmi in qua al passare di un grosso camion, farmi notare che la zip di una borsetta sul canotto è aperta, offrirmi un quarto frutto che non avevo pagato. Come trovare una madre e dei fratelli che per brevissimi istanti si prendono cura di te. Stupendo fermarsi per comprare della frutta e ripartire commosso da tale connessione e bellezza..

Poi la foratura. Come spesso accade in Africa, da una statale prima vuota, venti persone tra cui molti bambini spuntano dai cespugli e vengono curiosi a vedere cosa combina lo strano bianco..tra questi un ragazzo in particolare che si prende la briga di aiutarmi...e sempre da quel "nulla", qualcun'altro sbuca con una bacinella piena d'acqua in cui immergere la camera d'aria per trovare il buchetto. Sono circondato da bambini e ragazzi, e tutti mi mandano in qualche modo il loro sostegno, fosse anche solo travestito da curiosità. Quella curiosità che a volte mi fa quasi incazzare, inopportuna e impudica, ma che molto spesso si trasforma in aiuto e sostegno quando ne ho più bisogno. Dura dire che sono qui da solo, come diavolo potrei mai dirlo?? Quando alcuni locali, o altri viaggiatori mi chiedono "ma come fai qui da solo??" Gli rispondo.."ma io non sono solo, ora per esempio sono con te" e non è davvero solo un gioco di parole o uno scherzetto..è la pura verità.
E' molto più deleterio essere "soli" con se stessi e i propri pensieri..chiusi a chiave nella scatola cranica, piuttosto che essere soli ma aperti all'esterno.

PRIMO IMPATTO IN MALAWI

Dunque al mio primo giorno in Malawi, arrivato a Karonga dopo 91km direttamente dalla Tanzania, già testavo l'accoglienza e il supporto della gente locale.
In un piccolo negozietto di alimentari e articoli per la casa compravo una scheda sim locale, ma avevo bisogno di aiuto per capire questo nuovo gestore come funziona per la connessione dati. La proprietaria mi indica un ragazzo, cliente anche lui, che mi può aiutare. Questo come fosse la cosa più normale del mondo si dedica a me al cento per cento seguendomi in tutte le fasi dell'attivazione della scheda. La procedura è in realtà molto facile, ma spesso le schede sono impostate nella lingua locale. Gli prometto una bibita per il disturbo e appena ho la connessione in funzione mi metto a cercare un posto dove dormire. Trovo alcuni nomi e il ragazzo, ora assieme ad un amico che si è aggiunto, si propone di portarmi a vederli e poi decidere. Ci avviamo, io con la mia bici e loro con una bici sola. Passiamo in rassegna due posti, che per prezzo e posizione troppo isolata non scelgo, fino ad approdare in un resort un pò costoso ma con ristorante e vicino al villaggio. Offro anche al secondo ragazzo una bibita per ringraziarlo del tempo e della pazienza (diciamo pure della scorta) ma ringrazia e rifiuta dicendo che gli amici del suo amico sono come fossero anche amici suoi e che quindi basta il gesto. Questa è lealtà, integrità morale, forza d'animo e apertura. Curioso trovare queste qualità in un comune ragazzetto del Malawi, quando spesso, certo non sempre, dalle mie parti è più facile trovare invece una certa barriera e diffidenza non sempre facile da penetrare.

Così dopo pochi giorni in Malawi, l'universo mi sta dando segni di fratellanza anche qua, di unione e muto sostegno.
Oggi è il quarto giorno pieno dal mio arrivo. Mi sto allontanando dal confine e sto penetrando nel tessuto sociale e nel territorio.

Mi sveglio e vado a far colazione in una capannetta a fianco alla guest house. Porridge di riso, tè e un dolcetto simile agli scones Inglesi, cioè una specie di pane dolce.

Conosco Po, un giovane di Karonga che vive e lavora per una compagnia elettrica tra Muzuzu e la zona in cui ho dormito. Diventiamo subito amici, ci facciamo qualche foto e ci scambiamo i numeri. E' felicissimo e onorato di conoscermi e lo sono pure io. Mi riaccompagna verso la guest house e intanto chiacchieramo. Li vicino ci sono i suoi colleghi che fanno colazione con delle patate fritte e mi presenta un suo collega e caro amico. E' quasi impossibile qui in Africa non farsi degli amici. La parola d'ordine è come sempre gentilezza e rispetto, il resto vien da se.

UN ANGOLO DI PARADISO..

Torno alla guest house faccio il bagagli e riparto.

Oggi non c'era vento, la strada era abbastanza piana, ma proprio non riuscivo a pedalare.

Il fatto è che c'era troppa bellezza, quasi da far male. Il lago a sinistra, quasi sempre visibile attraverso le zone più brulle e pianeggianti - La presenza dell'acqua è sempre magica e confortante. A destra le montagne, verdi, rocciose, stupende, con alcune cascate visibili in lontananza. Il classico cielo Africano, con le nuvole attaccate come adesivi su un azzurro intenso e con altre nuvole a "spennellata" sopra le montagne. L'aria tersa, che dona al paesaggio una visibilità cristallina in cui i colori diventano saturi e quasi palabili. In tutto questo anche i colori dei vestiti Africani e soprattutto, la gentilezza e dolcezza degli abitanti. Qui a differenza dalla Tanzania la gente non ti bada molto in principio, ma quando la saluti si scioglie in sorrisi e manifestazioni d'affetto che pare quasi essere amici da tempo. Risultato, pedalo al minimo, ciondolando lungo la strada semideserta d'auto, ma piena di bici e persone che camminano, salutando quasi tutti e con un sorriso ebete in faccia incredulo di cotanta bellezza. Qui in questa zona, il Malawi è un piccolo paradiso. Le casette deliziose, la vita semplicissima e la domanda che ti viene da farti è se davvero c'è bisogno di complicarsela con il famigerato "progresso". Le risposte certo non sono così facili, non conosco i problemi di questo paese e non sto semplificando, ma la sensazione è che qui ci sia davvero qualcosa che tutti noi nei nostri paesi così sviluppati non sappiamo trovare e forse capire.

Mi godo dunque il percorso sperando di non arrivare mai e scattando milioni di foto e video. Arrivo al resort che dei cari amici Italiani, esperti di Africa, mi hanno consigliato e vengo completamente trafitto dalla bellezza di questo angolo di paradiso. Un gigantesco albero secolare ai piedi della spiaggia, con più tronchi che si uniscono in un enorme ombrello di foglie, fa ombra alla struttura moderna ma sobria. A fianco all'albero alcuni lettini in legno e poco sotto, sulla sabbia a pochi metri dall'acqua, un ombrellone di pagla intrecciata inserito in un tavolo esagonale con le panche per sedersi. Già mi vedo, dopo un bel lungo bagno, a fare mio questo tavolo in cui mangiare e dedicare del tempo ai racconti di viaggio, ed è infatti esattamente ciò che sto facendo in questo istante.
Grazie Malawi per tutto questo e come sempre grazie Mamma Africa!!