sabato 10 novembre 2018

E se fosse tutto solo questione di prospettiva?

9 Novembre 2018, ospedale Ca' Foncello di Treviso

Anche oggi ho avuto la mia dose di avventura. Verso le 21 mentre pedalavo all'altezza di via montello mi è venuta addosso un altra bici che arrivava in contromano. Nessuno dei due era riuscito ad evitare l'impatto. Lui è caduto e gli si è piegata in due la ruota anteriore, io sn rimasto in piedi ma qualcosa mi ha fatto un buco sulla pelle della tibia bucando anche i jeans. Lui si rialza e inizia a prendersela perché non l'ho evitato. Io metto le cose in chiaro che era lui fuoriposto e cerco di tranquillizzarlo. Mi presento e intanto lui si mette a raddrizzarmi il manubrio. Poi va dalla bici incazzato e con rabbia la scaraventa dall'altra parte di una recinzione. Resto solo, la catena giù e incastrata in malomodo.. sento male alla gamba e vedo il jeans bucato, lo tiro su e vedo l'osso. Pazienza, quel che è fatto è fatto. Mi metto a sistemare la bici e mi avvio verso il pronto soccorso. Ne approfitto dell'occasione per esercitare il mio zen. Funziona e quasi mi viene da ridere per la situazione. Arrivo al p.s. lego la bici ed entro sfilando con il jeans arrotolato e la colata di sangue che arriva al piede. Mi registro alla reception, vado a lavarmi le mani nere dalla catena e vado a sedermi.
Il mio umore così diverso dal mio aspetto crea una certa curiosità e a chi mi guarda mentre sfilo verso le zona d'attesa lo saluto con un sorriso. Attacco bottone un po' con tutti li attorno, fino a richiamare l'attenzione di tutti i presenti proponendo di intrattenerli con delle storie. Una signora mi chiede incuriosita: "ma lei sta bene o sta male, non capisco!" Io le indico la colata splatter e le faccio notare che è la gamba che sta male, non l'umore! Continuo a interagire con altri e a chiedere il motivo per cui sono qui. Mi accorgo di quanto, non chiudendosi nel proprio" dolore" e nella propria storia, tutto diventi più leggero, accettabile. Conosco una ragazzina con sua mamma, lei giocava a pallavolo e in partita ha sentito male ad un ginocchio. Poi un ragazzo Nigeriano accompagnato da un amico e la sua ragazza, anche lui ha avuto un incidente in bici. Li invito ad Arte Migrante e parliamo un po' di Mamma Africa.
Conosco poi una coppia, lui con un dolore al piede per il quale non riesce a camminare ma che non riconduce a nessun trauma. Ha un gran senso dell'umorismo e passiamo una mezz'ora a ridere di noi stessi facendo battute auto ironiche.
Mi torna in mente la malaria in Africa, e penso diamine li si che stavo male, questo in confronto è un giretto!! Dopo un attesa di due ore finalmente entro e mi suturano, anche li nasce un teatrino con infermiere, autista e un dottore. Immancabilmente alla domanda "che lavoro faccio" racconto del viaggio in Africa e partono storie varie. Vengo poi finalmente congedato quasi alle 2 di mattina e ripenso all'esperienza, certamente positiva per l'occasione di imparare a vedere le cose da altre angolazioni e ricordarsi quanto siamo fragili, ma soprattutto per ricordare quanto poco basta per portare il sorriso.

Torno a casa sereno e con il sorriso, e con una domanda in testa: "E se davvero fossimo in grado di convertire le esperienze e le nostre reazioni ad esse, e generare le emozioni che vogliamo invece che soltanto subirle?"

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