lunedì 28 gennaio 2019

Un semplice "Come Stai"...


Qualche tempo fa facevo del volantinaggio nei negozi del centro, dovevo solo consegnare dei volantini e appendere una locandina. 

Entro in un negozio di scarpe, dico buongiorno e chiedo “come va” aspettando una risposta. La commessa indaffarata si blocca di colpo e mi fissa sgranando gli occhi. Forse non ha capito la domanda e glielo richiedo. La sua espressione si ancor più enigmatica, al chè le dico sorridendo “è davvero così strano chiedere come va?”

Mi risponde “ci credi se ti dico che sei il primo in assoluto che me lo chiede?”, addirittura farfuglia “a momenti neppure i miei amici me lo chiedono”. Si scusa per lo sguardo che mi ha cacciato, spinto però dal grande stupore, e mi ringrazia tantissimo. Lascio i miei volantini, appendo la locandina ed esco.

Dopo un po' entro in un bar. Saluto e chiedo “come va, tutto bene?”. La barista quasi in trance ripete automaticamente “un caffè come?”. Poi si ferma, mi guarda e ripensa alla domanda e le si illumina il viso dicendomi quasi balbettando “tu-tutto bene grazie, scusa lo stupore ma, sai, non me lo chiede mai nessuno come sto”.

Il potere del “come va”...una semplice frase che detta col cuore può fare miracoli.
Quando abbiamo perso questa capacità di vedere negli altri dei potenziali amici, dei fratelli, delle persone proprio come noi? 

Quando abbiamo iniziato a dare per scontato che chi non conosciamo bene e non ha passato tutti i nostri “test” non si merita un semplice “come va? Quando abbiamo sostituito le persone che incontriamo con i meri ruoli che ricoprono?

Ci muoviamo come Zombies con l'attenzione minima solo sufficiente a non sbattere contro muri, edifici e altre persone, ma mai assaporando veramente il momento che ci sfugge inesorabilmente dalle mani come sabbia tra le dita.

Tutto questo, sia chiaro, l'ho sempre fatto pure io. E' normale entrare in un bar e ordinare un caffè oppure in un ristorante “ordinare” del cibo. Ma già qui, il termine “ordinare” piuttosto di “chiedere” la dice lunga sulle premesse. Tuttavia si, l'ho sempre fatto pure io. Ma negli ultimi tempi, soprattutto dopo l'ultimo viaggio in Africa, qualcosa sta cambiando. La grande ospitalità ricevuta in quel continente, persone sconosciute un attimo prima che diventano parte della tua vita, e comunque otto lunghi anni di viaggi surfando questa apertura nelle relazioni, stanno lavorando dentro me, e mi stanno aprendo gli occhi.

Quando andiamo in giro e incontriamo delle persone, siamo per loro degli sconosciuti. Ma noi sappiamo bene di essere umani complessi e pieni di emozioni, domande, riflessioni e tanto altro. Tuttavia, per la gente che incrociamo restiamo degli sconosciuti, e tutta la nostra complessità viene ridotta ad un etichetta che ci viene appiccicata automaticamente sulla fronte. Lo stesso poi facciamo noi, quando entriamo in un bar e ordiniamo un caffè e appiccichiamo sulla fronte del barista l'etichetta “barista”, limitando quella persona al suo ruolo, la quale funzione è solo preparare il mio caffè e farlo pure rapidamente.
Ci si lamenta spesso dell'indifferenza del prossimo, della maleducazione e la mancanza di cordialità, ma siamo noi i primi a pretenderla senza fare nulla per accoglierla, girando con dei muri alzati con tanto di filo spinato.

Non si tratta di morale, ma di senso pratico. In questo periodo sto “giocando” con queste scoperte, e non avete idea di che porte possono aprire. Provare non costa nulla, e se volete trovare sempre un sorriso ovunque andiate, siate voi i primi a portarlo, vedrete, non ve ne pentirete!!