sabato 4 giugno 2016

Flashback...uno sguardo alla mia Bristol..

Mi rendo conto che ultimamente ho dedicato ben poco tempo al blog e che ultimi post sono usciti così spontaneamente da non esser inseriti in un contesto logico, per chi non è del tutto aggiornato con gli eventi recenti e presenti.
E' stato un periodo complesso, nel quale la priorità era solo mantenere l'equilibrio più che raccontare. Posto quindi finalmente un vecchio scritto iniziato la notte della mia partenza da Bristol per venire qui a Lake District. Un post iniziato nell'emozione di un forte cambio, e nella memoria di un periodo denso, ma mai più pubblicato, poiché una volta qui mi sono trovato ad affrontare un nuovo cambio di equilibrio in un terreno interiore già molto dissestato.
Ecco a voi quel post e il suo contenuto emotivo e "storico" di quel denso periodo.


Ore 3:15, stazione dei treni di Newport a soli 20 min da Bristol.

Ho lasciato Bristol circa un ora e mezza fa e ora sono in attesa del treno verso Manchester delle 4:52. La stazione è piccola e disabitata ma almeno semi chiusa e protetta dal freddo e dalla pioggerellina che ora scende. Cerco di fare mente locale e riprendere il filo di questo periodo e penso al mio ultimo scritto pubblicato in questo blog. Si è proprio tanto che non scrivo in questo spazio, e in realtà è tanto che non scrivo anche solo per me. Sono successe tante cose, anche se gran parte di queste più nella mia testa che realmente. Mi fermo dallo scrivere e faccio partire una traccia, di nuovo Femi Kuti, dopo più di un mese che non lo ascoltavo. Neanche a dirlo mi proietta immagini e sensazioni già incise nella memoria del mio primo periodo a Bristol, quella ben nota sensazione di distacco da ciò che si conosce. Quell'annusare l'aria e trovare tutto nuovo ma allo stesso tempo grilletto per emozioni precedenti. Passo animale, piedi a terra, denti stretti e sguardo al cielo, che ovunque è sempre lo stesso.
Ed ora questa canzone, mentre proietta quegli istanti, marchia a fuoco gli istanti di questo nuovo inizio. Ricominciare, resettare, è il mio tarlo, il mio strumento per metabolizzare e far ripartire la giostra sfruttando l'energia cinetica appena accumulata. Energia che in questo stadio è sempre neutra poiché filtrata dal tempo e dalla coscienza e depurata dal contenuto emotivo, sia che che giunga da un periodo stupendo o da un periodo duro. Gli ultimi giorni ho letteralmente fatto pace con Bristol e, di comune accordo, abbiamo deciso di lasciarci alcuni bei ricordi a vicenda. Questo periodo così intenso è già parte della mia storia, come ogni istante quando venga vissuto profondamente sulla pelle e nell'anima. Negli ultimi giorni forse per la decisione di partire a breve, forse perché i pianeti si sono allineati ho vissuto tutto con piacere e naturalezza, e ogni sguardo, ogni momento e incontro mi hanno nutrito.
E incredibile ma vero, sull'onda di questa leggerezza sono persino riuscito a infilarmi in una jam session e tornare batterista per una serata, suonando quattro pezzi funk improvvisati, con grande soddisfazione mia e pure dei colleghi musicisti e del pubblico.
Ma facciamo un piccolo salto indietro a spiegare il perché di questo lungo silenzio radio e in che punto si fosse incrinato il mio rapporto con Bristol. Già dal mio arrivo qui la mia missione era chiara e si trattava di cercare di inserirsi nel più breve tempo possibile. Se dal punto di vista umano e relazionale so di avere una certa facilità e che molto dipende da me, dal punto di vista professionale dipendi invece dall'ambiente sociale, dalle fluttuazioni e gli umori della città. E infatti così è stato, complice anche l'arrivo nel periodo peggiore dell'anno. Gennaio e Febbraio, nonché in parte anche Marzo tutto era spento e saturo. Come nella strettoia all'uscita di un imbuto, un fiume di nuove leve si accalcava per cercare un lavoro, saturando del tutto il sistema e rendendolo letargico. Ad ogni zona che battevo con curriculum alla mano e sorriso a 36 denti erano già passate altre 4, 5 o 6 altre arcate dentarie in esposizione, sventolando speranzosi i propri profili professionali. Per un lungo periodo tutto si era ridotto ad un giornaliero “come ti descrivi in tre parole”, o “quali sono i tuoi tre principali pregi e difetti”, qualcosa che di solito riesco a sopportare solo se a ragionevoli dosi, ma che in queste quantità mi stavano lentamente facendo nascere istinti omicidi nello stile del film “Un giorno di ordinaria follia”. Applicazioni di lavoro online, sorrisoni di persona, troppi “per ora non abbiamo bisogno, ma ci lasci pure il suo curriculum” e tanta frustrazione che iniziava a diventare alienazione. Un vero e proprio lavoro quello del “cercare lavoro”, di certo più stressante e per nulla remunerante. Nel frattempo vecchie e nuove ferite si rifacevano sentire, riaperte dal quel freddo, non solo climatico, che sente una personalità multidimensionale e cangiante quando deve ridursi all'osso per entrare in una piccola-piccola definizione e professione. A portare poi il tutto a livello quasi masochistico c'era quella promessa, quello sguardo del Guerriero che mi teneva d'occhio e mi ricordava la missione e quanto importante fosse in questo momento di profondi cambi. E poi, carceriere di me stesso non mi davo tregua e mi giudicavo aspramente per ogni volta nella vita dove avevo barattato la ricerca “professionale” con la licenza di sognare e di aspettare l'onda giusta. Quel sognare di un mondo che sappia dare valore all'originalità, al proprio modo e tempo di maturare e trovare le vie più vere e vicine all'anima. Un mondo che sappia aspettare quanto serva, speranzoso che ciò che poi finalmente verrebbe disotterrato è un vero diamante e non un surrogato in plastica costruito in fretta e furia in catena di montaggio solo per non stare a mani vuote.
Quando il contatore iniziava a segnare un centinaio di curriculum, e il calendario circa fine Febbraio, ho capito che era il momento di tentare la carta del lavoro stagionale, quello che ha alimentato gli ultimi anni di viaggi ed esperienze. Testa bassa, ricerche intense e altro giro di invii, questa volta a centinaia e in ogni dove. In breve tempo anche questo ha iniziato a rivelarsi un terreno arido, soprattutto se confrontato con i 10 minuti spesi per trovare lavoro l'anno precedente. Certo forse quello era stato un caso, ma qui siamo agli antipodi. Iniziavo a sospettare che ci fosse qualcosa di scala astronomica, un qualche allineamento planetario che impediva alle cose di sbloccarsi. Ben intenso che questa situazione non era solo per me, in quell'imbuto eravamo in tanti accalcati e ormai bloccati a metà senza poter andare avanti ne indietro. Beh a dire il vero andare indietro avrei potuto, con gli strumenti di viaggio sperimentati in tanti anni, come helpx (lavoro alla pari) o addirittura una interessante comune che si trova a poche miglia da Bristol. Ciò però significherebbe perdere la libertà di viaggiare e potermi spostare seguendo nuovi percorsi che ho iniziato a tracciare in Africa, e questo è davvero la cosa più importante ora.
Inoltre ero ormai in quel vortice e non potevo credere che davvero non si smuovesse nulla. Tuttavia a darmi stabilità nonostante questo periodo erano le mie routine di palestra, sauna, corsa e attività varie. Nel frattempo in sottofondo a tutto questo scorreva la vita di ostello, in una versione davvero mai vissuta prima.
Si perchè seppur di sottofondo inizio a capire ora che è in realtà stata il centro di questo periodo ed esperienza. Si scrive ostello ma si pronuncia famiglia, perchè di ostello vero ha ben poco e grazie al fatto che la maggior parte degli ospiti sono di lungo termine pare proprio una casa quasi normale e un grande, allargato gruppo di amici. A differenza infatti degli ostelli turistici questo è quasi solo meta di chi si sposta a Bristol per cercare un lavoro, che sia per un breve o lungo periodo. I motivi principali a parte la posizione centrale sono i costi davvero favorevoli se si prenota un lungo periodo per esempio di due settimane o un mese. Inoltre la possibilità di ricevere il rimborso dei giorni non sfruttati qualora si trovasse un appartamento o si lasciasse la città. Come già raccontavo in un post scritto i primi giorni, qui ci sono persone che ci “vivono” da mesi e addirittura anni. C'è chi va via e poi torna, c'è chi ci sta tutto il tempo filato come fosse casa. E' così che ho conosciuto alcuni di questi residenti di lunga data, alcuni dei quali Italiani e ora miei cari amici. Ed è così che ho conosciuto Bella, Antonio, Matteo, Danilo, Pietro, Andrea e Brahim.

Provo a dare uno spaccato lampo di questi amici, sperando di non tralasciare nulla..

Bella: anche detta la “mamma”, sia per noi dell'ostello sia perché madre di tre stupende figlie grandi anche loro in UK. Cuore e animo di bambina, un'anima senza età come piacciono a me; Antonio, pilota acrobatico dal cuore d'oro, si taglierebbe un braccio per aiutarti, in Inghilterra per realizzare il suo sogno di diventare pilota di linea; Matteo, laureato in Relazioni Internazionali e viaggiatore, spesso incazzato perché, come me, il suo livello di sopportazione per le cazzate e ipocrisie della gente e del mondo è troppo basso e la sensibilità alta, gente come noi fatica a conformarsi e accettare le maschere della società; Danilo, mio socio in quanto a veganismo e grande compagno di chiacchierate, grande ascoltatore e dispensatore di preziosi consigli; Pietro, buono come il pane, mio conterraneo anche lui Veneto, laureato in Storia e alla ricerca di un esperienza di insegnamento in UK; Andrea, grande compagno di lunghe chiacchierate e pipponi filosofici; Brahim, letteralmente “energia pura”, 100% Italiano e 100% Marocchino allo stesso tempo, incarna il meglio di entrambe le culture. Per quanto mi riguarda molto ma molto più Italiano di tanti nati pigramente e distrattamente nel bel paese. Un onore conoscere uno come lui, per uno come me affamato di culture e di capire il mondo. Meravigliosa poi la combinazione linguistica “Lodigiano-Arabo” che invidio un sacco.

Assieme abbiamo passato tanti momenti, tanti giorni giù alla taverna ognuno assorto in ricerche di lavori e applicazioni di altri. Momenti di ispirazione, di sfogo, di vera amicizia, tutti fotografati in un momento di cambio per ognuno di noi, con storie e percorsi diversi ma un solo presente condiviso. Ed è poi la storia delle relazioni umane. Siamo tutti come degli elementi chimici, ognuno con le personali caratteristiche, storie ed energie – positive o negative – accumulate. Ci incontriamo e nascono interazioni, che dipendono si dalla storia personale, ma che si consumano nel presente, andando a segnare un nuovo inizio e una nuova storia. Rapporti che vanno facilmente in profondo, perché nati in momenti e situazioni che toccano dentro e rimescolano il fondale.
Ed ora sono qui, in viaggio verso Lake District, una regione a Nord dell'Inghilterra fatta di montagne, laghi e colline. Un posto dove, dicono, è facile trovare lavoro perché molto turistico.
Parto pensando al periodo che lascio e al lieto fine degli ultimi giorni, e vedo quanto è ironico il fatto che a volte si apprezzino certe cose solo una volta voltata pagina. La troppa vicinanza sfoca la visione e il sudore brucia gli occhi. Ed è nell'affrontare nuovamente il “nuovo” che il meno nuovo potrà essere apprezzato di nuovo. Si lo so, un po' contorto come pensiero...!! Ma è questo il punto, è un mio modo di elaborare le cose, le so capire e apprezzare solo una volta voltata la pagina, solo alla luce del nuovo che torna a dare quel senso di vuoto e fa sentire le farfalle nello stomaco.

Come stessi cucendo un tessuto nel quale ogni punto, ogni trama, viene consolidata dalla prossima, senza la quale non sarebbe solida. So che prima o poi tornerò a Bristol, come so che devo tornare in Uganda e questo desiderio di partire per poi tornare è qualcosa di nuovo, che in questi anni di viaggi non ho mai avvertito ma che sento farà parte di una crescita importante.”


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