Mi
rendo conto che ultimamente ho dedicato ben poco tempo al blog e che
ultimi post sono usciti così spontaneamente da non esser inseriti in
un contesto logico, per chi non è del tutto aggiornato con gli
eventi recenti e presenti.
E'
stato un periodo complesso, nel quale la priorità era solo mantenere
l'equilibrio più che raccontare. Posto quindi finalmente un vecchio
scritto iniziato la notte della mia partenza da Bristol per venire
qui a Lake District. Un post iniziato nell'emozione di un forte
cambio, e nella memoria di un periodo denso, ma mai più pubblicato,
poiché una volta qui mi sono trovato ad affrontare un nuovo cambio
di equilibrio in un terreno interiore già molto dissestato.
Ecco
a voi quel post e il suo contenuto emotivo e "storico" di
quel denso periodo.
“Ore
3:15, stazione dei treni di Newport a soli 20 min da Bristol.
Ho
lasciato Bristol circa un ora e mezza fa e ora sono in attesa del
treno verso Manchester delle 4:52. La stazione è piccola e
disabitata ma almeno semi chiusa e protetta dal freddo e dalla
pioggerellina che ora scende. Cerco di fare mente locale e riprendere
il filo di questo periodo e penso al mio ultimo scritto pubblicato in
questo blog. Si è proprio tanto che non scrivo in questo spazio, e
in realtà è tanto che non scrivo anche solo per me. Sono successe
tante cose, anche se gran parte di queste più nella mia testa che
realmente. Mi fermo dallo scrivere e faccio partire una traccia, di
nuovo Femi Kuti, dopo più di un mese che non lo ascoltavo. Neanche a
dirlo mi proietta immagini e sensazioni già incise nella memoria del
mio primo periodo a Bristol, quella ben nota sensazione di distacco
da ciò che si conosce. Quell'annusare l'aria e trovare tutto nuovo
ma allo stesso tempo grilletto per emozioni precedenti. Passo
animale, piedi a terra, denti stretti e sguardo al cielo, che ovunque
è sempre lo stesso.
Ed
ora questa canzone, mentre proietta quegli istanti, marchia a fuoco
gli istanti di questo nuovo inizio. Ricominciare, resettare, è il
mio tarlo, il mio strumento per metabolizzare e far ripartire la
giostra sfruttando l'energia cinetica appena accumulata. Energia che
in questo stadio è sempre neutra poiché filtrata dal tempo e
dalla coscienza e depurata dal contenuto emotivo, sia che che giunga
da un periodo stupendo o da un periodo duro. Gli ultimi giorni ho
letteralmente fatto pace con Bristol e, di comune accordo, abbiamo
deciso di lasciarci alcuni bei ricordi a vicenda. Questo periodo così
intenso è già parte della mia storia, come ogni istante quando
venga vissuto profondamente sulla pelle e nell'anima. Negli ultimi
giorni forse per la decisione di partire a breve, forse perché i
pianeti si sono allineati ho vissuto tutto con piacere e naturalezza,
e ogni sguardo, ogni momento e incontro mi hanno nutrito.
E
incredibile ma vero, sull'onda di questa leggerezza sono persino
riuscito a infilarmi in una jam session e tornare batterista per una
serata, suonando quattro pezzi funk improvvisati, con grande
soddisfazione mia e pure dei colleghi musicisti e del pubblico.
Ma
facciamo un piccolo salto indietro a spiegare il perché di questo
lungo silenzio radio e in che punto si fosse incrinato il mio
rapporto con Bristol. Già dal mio arrivo qui la mia missione era
chiara e si trattava di cercare di inserirsi nel più breve tempo
possibile. Se dal punto di vista umano e relazionale so di avere una
certa facilità e che molto dipende da me, dal punto di vista
professionale dipendi invece dall'ambiente sociale, dalle
fluttuazioni e gli umori della città. E infatti così è stato,
complice anche l'arrivo nel periodo peggiore dell'anno. Gennaio e
Febbraio, nonché in parte anche Marzo tutto era spento e saturo.
Come nella strettoia all'uscita di un imbuto, un fiume di nuove leve
si accalcava per cercare un lavoro, saturando del tutto il sistema e
rendendolo letargico. Ad ogni zona che battevo con curriculum alla
mano e sorriso a 36 denti erano già passate altre 4, 5 o 6 altre
arcate dentarie in esposizione, sventolando speranzosi i propri
profili professionali. Per un lungo periodo tutto si era ridotto ad
un giornaliero “come ti descrivi in tre parole”, o “quali sono
i tuoi tre principali pregi e difetti”, qualcosa che di solito
riesco a sopportare solo se a ragionevoli dosi, ma che in queste
quantità mi stavano lentamente facendo nascere istinti omicidi nello
stile del film “Un giorno di ordinaria follia”. Applicazioni di
lavoro online, sorrisoni di persona, troppi “per ora non abbiamo
bisogno, ma ci lasci pure il suo curriculum” e tanta frustrazione
che iniziava a diventare alienazione. Un vero e proprio lavoro quello
del “cercare lavoro”, di certo più stressante e per nulla
remunerante. Nel frattempo vecchie e nuove ferite si rifacevano
sentire, riaperte dal quel freddo, non solo climatico, che sente una
personalità multidimensionale e cangiante quando deve ridursi
all'osso per entrare in una piccola-piccola definizione e
professione. A portare poi il tutto a livello quasi masochistico
c'era quella promessa, quello sguardo del Guerriero che mi teneva
d'occhio e mi ricordava la missione e quanto importante fosse in
questo momento di profondi cambi. E poi, carceriere di me stesso non
mi davo tregua e mi giudicavo aspramente per ogni volta nella vita
dove avevo barattato la ricerca “professionale” con la licenza di
sognare e di aspettare l'onda giusta. Quel sognare di un mondo che
sappia dare valore all'originalità, al proprio modo e tempo di
maturare e trovare le vie più vere e vicine all'anima. Un mondo che
sappia aspettare quanto serva, speranzoso che ciò che poi finalmente
verrebbe disotterrato è un vero diamante e non un surrogato in
plastica costruito in fretta e furia in catena di montaggio solo per
non stare a mani vuote.
Quando
il contatore iniziava a segnare un centinaio di curriculum, e il
calendario circa fine Febbraio, ho capito che era il momento di
tentare la carta del lavoro stagionale, quello che ha alimentato gli
ultimi anni di viaggi ed esperienze. Testa bassa, ricerche intense e
altro giro di invii, questa volta a centinaia e in ogni dove. In
breve tempo anche questo ha iniziato a rivelarsi un terreno arido,
soprattutto se confrontato con i 10 minuti spesi per trovare lavoro
l'anno precedente. Certo forse quello era stato un caso, ma qui siamo
agli antipodi. Iniziavo a sospettare che ci fosse qualcosa di scala
astronomica, un qualche allineamento planetario che impediva alle
cose di sbloccarsi. Ben intenso che questa situazione non era solo
per me, in quell'imbuto eravamo in tanti accalcati e ormai bloccati a
metà senza poter andare avanti ne indietro. Beh a dire il vero
andare indietro avrei potuto, con gli strumenti di viaggio
sperimentati in tanti anni, come helpx (lavoro alla pari) o
addirittura una interessante comune che si trova a poche miglia da
Bristol. Ciò però significherebbe perdere la libertà di viaggiare
e potermi spostare seguendo nuovi percorsi che ho iniziato a
tracciare in Africa, e questo è davvero la cosa più importante ora.
Inoltre
ero ormai in quel vortice e non potevo credere che davvero non si
smuovesse nulla. Tuttavia a darmi stabilità nonostante questo
periodo erano le mie routine di palestra, sauna, corsa e attività
varie. Nel frattempo in sottofondo a tutto questo scorreva la vita di
ostello, in una versione davvero mai vissuta prima.
Si
perchè seppur di sottofondo inizio a capire ora che è in realtà
stata il centro di questo periodo ed esperienza. Si scrive ostello ma
si pronuncia famiglia, perchè di ostello vero ha ben poco e grazie
al fatto che la maggior parte degli ospiti sono di lungo termine pare
proprio una casa quasi normale e un grande, allargato gruppo di
amici. A differenza infatti degli ostelli turistici questo è quasi
solo meta di chi si sposta a Bristol per cercare un lavoro, che sia
per un breve o lungo periodo. I motivi principali a parte la
posizione centrale sono i costi davvero favorevoli se si prenota un
lungo periodo per esempio di due settimane o un mese. Inoltre la
possibilità di ricevere il rimborso dei giorni non sfruttati qualora
si trovasse un appartamento o si lasciasse la città. Come già
raccontavo in un post scritto i primi giorni, qui ci sono persone che
ci “vivono” da mesi e addirittura anni. C'è chi va via e poi
torna, c'è chi ci sta tutto il tempo filato come fosse casa. E' così
che ho conosciuto alcuni di questi residenti di lunga data, alcuni
dei quali Italiani e ora miei cari amici. Ed è così che ho
conosciuto Bella, Antonio, Matteo, Danilo, Pietro, Andrea e Brahim.
Provo
a dare uno spaccato lampo di questi amici, sperando di non
tralasciare nulla..
Bella:
anche detta la “mamma”, sia per noi dell'ostello sia perché
madre di tre stupende figlie grandi anche loro in UK. Cuore e animo
di bambina, un'anima senza età come piacciono a me; Antonio, pilota
acrobatico dal cuore d'oro, si taglierebbe un braccio per
aiutarti, in Inghilterra per realizzare il suo sogno di diventare
pilota di linea; Matteo, laureato in Relazioni Internazionali e
viaggiatore, spesso incazzato perché, come me, il suo livello di
sopportazione per le cazzate e ipocrisie della gente e del mondo è
troppo basso e la sensibilità alta, gente come noi fatica a
conformarsi e accettare le maschere della società; Danilo, mio socio
in quanto a veganismo e grande compagno di chiacchierate, grande
ascoltatore e dispensatore di preziosi consigli; Pietro, buono come
il pane, mio conterraneo anche lui Veneto, laureato in Storia e alla
ricerca di un esperienza di insegnamento in UK; Andrea, grande
compagno di lunghe chiacchierate e pipponi filosofici; Brahim,
letteralmente “energia pura”, 100% Italiano e 100% Marocchino
allo stesso tempo, incarna il meglio di entrambe le culture. Per
quanto mi riguarda molto ma molto più Italiano di tanti nati
pigramente e distrattamente nel bel paese. Un onore conoscere uno
come lui, per uno come me affamato di culture e di capire il mondo.
Meravigliosa poi la combinazione linguistica “Lodigiano-Arabo”
che invidio un sacco.
Assieme
abbiamo passato tanti momenti, tanti giorni giù alla taverna ognuno
assorto in ricerche di lavori e applicazioni di altri. Momenti di
ispirazione, di sfogo, di vera amicizia, tutti fotografati in un
momento di cambio per ognuno di noi, con storie e percorsi diversi ma
un solo presente condiviso. Ed è poi la storia delle relazioni
umane. Siamo tutti come degli elementi chimici, ognuno con le
personali caratteristiche, storie ed energie – positive o negative
– accumulate. Ci incontriamo e nascono interazioni, che dipendono
si dalla storia personale, ma che si consumano nel presente, andando
a segnare un nuovo inizio e una nuova storia. Rapporti che vanno
facilmente in profondo, perché nati in momenti e situazioni che
toccano dentro e rimescolano il fondale.
Ed
ora sono qui, in viaggio verso Lake District, una regione a Nord
dell'Inghilterra fatta di montagne, laghi e colline. Un posto dove,
dicono, è facile trovare lavoro perché molto turistico.
Parto
pensando al periodo che lascio e al lieto fine degli ultimi giorni, e
vedo quanto è ironico il fatto che a volte si apprezzino certe cose
solo una volta voltata pagina. La troppa vicinanza sfoca la visione e
il sudore brucia gli occhi. Ed è nell'affrontare nuovamente il
“nuovo” che il meno nuovo potrà essere apprezzato di nuovo. Si
lo so, un po' contorto come pensiero...!! Ma è questo il punto, è
un mio modo di elaborare le cose, le so capire e apprezzare solo una
volta voltata la pagina, solo alla luce del nuovo che torna a dare
quel senso di vuoto e fa sentire le farfalle nello stomaco.
Come
stessi cucendo un tessuto nel quale ogni punto, ogni trama, viene
consolidata dalla prossima, senza la quale non sarebbe solida. So che
prima o poi tornerò a Bristol, come so che devo tornare in Uganda e
questo desiderio di partire per poi tornare è qualcosa di nuovo, che
in questi anni di viaggi non ho mai avvertito ma che sento farà
parte di una crescita importante.”
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