sabato 5 dicembre 2015

Una stella che danza..

Sono in ostello in questo momento da circa 6 giorni. Ho appena mangiato un enorme papaya e mi metto comodo per scrivere un pezzo per il blog. In questi giorni sto vivendo una stupenda quanto semplice quotidianità che mi sta arricchendo moltissimo e che sto cercando di prolungare giorno per giorno. Era un po che non scrivevo su questo spazio, ma come sapete questo è nato per dare sfogo e forma ad emozioni e riflessioni e per farle decantare, più che per post puramente descrittivi. Non che ultimamente ne siano mancate di emozioni, anzi!! Questo è stato un peridio intenso e a tratti così coinvolgente da far passare lo scrivere in secondo piano.

Il mio ennesimo ritorno in questo ostello, 6 giorni fa, è stato il solito "camminare con lo tsunami che ti segue" cioè l'onda potente generata da quei momenti densi e che ora quando ti fermi è pronta a travolgerti e portarti sotto, in quel profondo stato di riflessione quasi doloroso per la forza dirompente.

Con un flashback a 6 giorni fa, in quel preciso istante camminavo e vivevo questo:

"Sono appena arrivato a Kampala da Masaka grazie al passaggio che un agricoltore mi ha appena dato. Non prova a chiedermi soldi come tutti gli altri e allora per ricompensarlo gli compro della verdura. Otto enormi foglie di spinaci freschi, un broccolo e qualche pomodoro, e la mia cena è già pronta! Mi lascia nel bypass nord, una stradona che collega est e ovet di kampala, ma a circa 5 km dal mio ostello. Non ho voglia di pagare il boda, ma più che altro ho voglia di camminare, di lasciar correre la testa.
Metto un piede dopo l'altro e mi infilo negli slum per tagliare un po di strada. Butto su in loop un pezzo rap, "Suona Sempre" di Ghemon Scienz. Il rap mi aiuta a gestire le forti emozioni, le scioglie, le sblocca, mi salva la vita..ma solo quello vero, quello che tocca i tasti giusti e che condivide la "struggle" e cioè lo struggimento, positivo o negativo che sia. Parte la musica e un sole basso fa risaltare le colline attorno e rende tutto dorato. Negli slum un sacco di venditori iniziano a preparare i fuochi, gli impasti, le carni e tanto altro per la lunga sessione serale di cotture e vendita principalmente per i locali, ma anche per qualche avventuroso muzzungu che si inoltrerà in quelle zone. Un gruppetto di capre pascola davanti l'entrata di una casa, una in particolare presa da un improvviso appetito trova sfizioso un volantino elettorale di carta appeso male e un po staccato dalla parete della casa. Se lo mangia di gusto e trova forse così il vero scopo di questo. Brulichio di bambini ovunque e tanti sorrisi, impressioni di una società distesa. Io sprofondo nella musica, guardo il paesaggio e ho così tanto in testa da esplodere. Sono di nuovo solo, in un alternanza che ultimamente si è fatta sempre più serrata, fino ad ora che rappresenta un punto di svolta.

Continua la canzone.."nel mio stereo suona sempre, negli attimi in cui sono assente, nelle mani porto niente"...E quella tromba si fa strada dentro me e si fonde in un quadro unico con quel sole dorato, la gente e i miei pensieri. Dio che musica, che espressione, come farei senza??

Questo momento è il classico che ricorderò per sempre per un milione di fattori. Mi sento stra fortunato a pensarci, perché è il tipico subbuglio dell'anima che segna le vite di adolescenti e vent'enni, e io sono qui a...uhm ho perso il conto...e ne sto vivendo di continuo di momenti così.

Una famosa frase di Nietzsche recita "Bisogna avere ancora del caos dentro di se per generare una stella che danza" e quel caos è anche la polvere che si alza quando ti muovi con forza, quando scardini le tue sicurezze e affondi le mani nel tuo buio. Il viaggio, se ad occhi e cuore spalancati fa questo, cambia prospettive, inietta dubbi cocenti, che come un tarlo scavano e rompono legami, certezze. Resti spesso punto a capo, con più dubbi di prima ma più percezione, più apertura ed è li che arriva la vera intuizione, oltre tutta l'apparenza delle nostre convinzioni e il nostro modo di costruire il mondo.

Mi guardo indietro a due mesi fa e non mi riconosco più. Mi pare passato un secolo. E' come se ad un certo punto questo posto mi abbia inghiottito, e risputato in un altra dimensione. Seguo con lo sguardo i Marabou Africani che si librano nel cielo come aerei. Sono uccelli enormi, bruttini e grandi quasi quanto una persona, ma che in volo sembrano alianti che planano lentamente con armonia ed agilità. Ancora una volta ho la sensazione che "tutto ciò che vedo sia mio" da tanto ne godo in questo stato mentale. Mi torna in mente il grande Alessandro Bergonzoni quando in uno dei suoi guizzi di genio dice "noi ogni volta che sbattiamo le palpebre facciamo una foto" per esortare la gente a ridare importanza a ciò che vediamo, e farlo scendere in profondità.
Sto ritornando a Kampala come spesso nell'ultimo mese. Questa città mi ha stregato e qui mi sento sempre a casa. Mentre cammino passano, nello schermo della mia mente, immagini di mille momenti vissuti. Come un film mi rivedo in varie circostanze e in zone del paese, sempre a cavallo di qualche forte emozione e a volte rivelazione."

E rieccoci qui, su un tavolo dell'area comune dell'ostello, ad un metro da un favoloso giardino con un enorme prato. Guardo spesso gli alberi e gli uccelli di tutti i colori mentre rifletto e riprendo il filo delle emozioni e i pensieri.
Percorro con la mente le ultime due settimane piene zeppe di spostamenti, esperienze ed emozioni. Solo pochi giorni fa ero ancora in una montuosa con degli amici volontari per un escursione che ti porta ad incontrare i Gorilla di montagna, e prima di questa ho fatto un safari nel parco Queen Elizabeth.
Ma racconterò di questi eventi in un post separato..

Negli ultimi giorni come dicevo sto vivendo una stupenda routine che mi sta facendo sentire sempre più parte di questo posto. Ho stretto una bella amicizia con un ragazzo che lavora all'entrata dell'ostello come sicurezza. Ogni sera vado da lui mentre lavora e ci facciamo delle lunghe chiacchierate fino a tardi. Mi da ottime lezioni pratiche di Luganda, la lingua più diffusa in Uganda, che comunque ne conta circa 40 differenti. Ma la cosa più bella è che mi ha invitato nella palestra dove va sempre lui ad allenarsi. E' a mezzora dall'ostello ed è formata da due stanze; una abbastanza grande ed una più piccola dove Ahmed, il coach, ha allestito vari bilancieri e qualche macchina. I bilancieri sono stupendi, con i pesi alle estremità ricavati da pezzi di macchine come freni a disco, frizioni, trasmissioni ecc. Sono a quanto pare il primo bianco che ci mette piede. Sono tutti super ospitali e ogni giorno è pieno di ragazzi, per lo più studenti che si allenano. E' un onore conoscere e frequentare questo posto così semplice e vero, qualcosa che sfugge anche ai viaggiatori come me, ma che non hanno un contatto che glielo faccia conoscere. Le mie giornate quindi scorrono così, con l'allenamento in palestra la mattina e le chiacchiere la sera dalle dieci fino a tardi. Ogni giorno poi applico le lezioni di Luganda con gran stupore e piacere della gente che si scioglie letteralmente, senza contare i furbetti che pensano che io sia un semplice turista e che si zittiscono.

Ma anche questo momento sta finire. Si perché giusto ieri ho prenotato il volo di rientro per l'Italia. Devo ammetterlo, sono stato molto combattuto. La tentazione di restare era grande, perché come piace sempre a me, ora mi sento sempre più stanziale, sempre meno turista e sempre più inserito in questo contesto. Adoro la sensazione di sentirsi a casa in un posto fino a pochi mesi fa considerato estraneo. E' letteralmente una droga ormai e ogni volta con queste sensazioni lascio nel posto in cui vado una parte di me, e un impronta di quel posto resta dentro me. E' uno scambio che fonde e confonde, sbiadisce i confini mentali e le appartenenze, e da grande respiro e ossigeno per la mia anima.

Qui sto proprio bene per molti motivi. La gente, il clima, per emozioni e ricordi. Sto imparando molto in questi giorni e mi sento sempre più cittadino qui a Kampala, e mi piacerebbe prolungare questo momento più che posso. Tuttavia una conclusione, magari temporanea, ci vuole. E' di certo benefica e utile a sistemare le idee, fissare le cose apprese e gli stimoli ricevuti. Ed è inoltre il momento giusto per uno stacco e fare il punto sulla mappa, annusare i venti, e programmare per la prossima sfida.

Ora vado, il mio insegnante di Kiswahili mi aspetta per un paio di ore di lezione!!

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